Presentazione

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Il 27 novembre 1985 moriva Fernand Braudel, se ne andava forse il più grande storico del secolo scorso. Per ricordare il trentennale della scomparsa, la Fondazione Datini ha dedicato al suo primo Presidente questa mostra documentaria. Si è deciso di posticiparne l’inaugurazione, per farla coincidere con l’avvio della XLVIII Settima di Studi, non poteva essere diversamente considerata l’importanza che lo studioso francese annetteva a quegli incontri.
Per attuare il progetto, l’Istituto ha potuto contare sulla sua ricchezza più grande, gelosamente custodita: le carte del Fondo Melis e quelle dell’archivio del Centro Internazionale di Storia Economica poi Istituto. Braudel lo sapeva bene quando diceva che “la notizia è merce di lusso”; se per i mercanti del Medioevo e dell’Età Moderna disporre di informazioni su tutto e con continuità consentiva loro di elaborare “strategie economiche di successo”, per noi le tante lettere scambiate tra i protagonisti delle vicende narrate, sono state un bene prezioso.
Per la preparazione dei testi abbiamo utilizzato quasi quattrocento missive, una quarantina di verbali delle riunioni del Consiglio Direttivo, biglietti, telegrammi, articoli di giornale, comunicati Ansa, dépliants. Mittenti e destinatari della corrispondenza sono i maggiori interpreti della storia del “Datini” di quegli anni: Fernand Braudel, Federigo Melis, Guido Pampaloni, Ottone Magistrali, Alberto Tenenti.
Le 74 lettere che Braudel e Melis si scambiarono tra il 1954 e il 1973 costituiscono una buona base di partenza; essa verrà integrata, soprattutto per gli anni compresi tra il 1974 e il 1985, con le carte braudeliane conservate presso la Bibliotèque de l’Institut de France e la Fondation Maison des Sciences de l’Homme.
La documentazione epistolare è stata poi arricchita, per quanto possibile, con la riproduzione di documenti originali e con numerose "fotografie che parlano più delle parole, fotografie per non smettere di guardare, per ricordare all’infinito quello che ha avuto luogo una sola volta, per cogliere quello che a volte lo sguardo non vede".

Il percorso virtuale su cui si snoda la mostra, si sviluppa su tre grandi temi:
Fernand Braudel e Federigo Melis: storia di amicizia e passione comune
Fernand Braudel e l’Istituto Datini
Fernand Braudel e Prato

Da questa struttura di base si muovono numerosi altri itinerari di diverso valore e diversa natura. Dalla nascita dell’amicizia tra Melis e Braudel alle loro divergenze storiografiche, dall’inaugurazione del Centro Datini, all’evoluzione dei suoi Comitati Scientifici, dall’articolazione delle Settimane di Studio alla cittadinanza onoraria che Prato volle concedere allo storico francese.
Non era questa la sede per soffermarsi sulle opere del grande personaggio, ci siamo dovuti limitare ai contenuti enunciati nel titolo della mostra. Quello che presentiamo è solo un tassello delle sue molteplici attività e relazioni che, dopo la direzione della VI sezione dell’École, trovarono motivi di ulteriore prestigio nella presidenza della compagine datiniana.
Attraverso Braudel abbiamo provato a rileggere aspetti della storia dell’Istituto Datini e del suo fondatore Federigo Melis. In effetti, le missive che Presidente e Vicepresidente del Comitato Scientifico si scambiarono, svelano molti aspetti della personalità e degli intenti dello storico francese. Ci limitiamo a qualche cenno. Anzitutto al chiaro tentativo, realizzato attraverso l’istituzione che dirigeva, di aprire la ricerca e non solo quella francese a orizzonti più ampi. Egli, in piena sintonia con Marc Bloch, si proponeva di porre al centro dell’interesse degli studiosi la storia dell’uomo di ogni paese, dell’uomo analizzato in ogni in ogni sua sfaccettatura, in ogni suo movimento per molecolare che fosse. Come vedremo, proprio la scelta delle tematiche gli provocò qualche difficoltà perché questa visione storiografica non era sempre in sintonia con quella del più giovane e determinato Federigo Melis.
Le nostre carte ci mostrano anche uno studioso pienamente consapevole del suo prestigio internazionale che non mancò di utilizzare come elemento di pressione sugli organi direttivi dell’Istituto e sullo stesso Melis. Ciò non gli impediva di essere disponibile nella ricerca di posizioni di equilibrio: era conscio che l’Istituto Datini gli offriva la presidenza di un Comitato Scientifico di altissimo livello internazionale; un organo nel quale si adoperò subito per accogliere studiosi, come quelli della scuola di Varsavia, a cui era legato. D’altra parte il consesso pratese gli permise di entrare in contatto con gli storici economici italiani non solo per gli ovvi motivi scientifici ma anche perché, proprio in quel periodo, si sentiva il bisogno di rafforzare l’associazione internazionale degli storici economici che stava presiedendo.
Accanto a questi aspetti, gli scambi epistolari ci offrono i tratti di un uomo che, pur maturo, era capace di stupirsi e rallegrarsi per ogni nuova amicizia come quella che stava nascendo con Melis, capace di entusiasmarsi per i viaggi e le piccole gite che Federigo organizzava per lui, capace di compiacersi della grande convivialità che caratterizzava le Settimane pratesi, nonostante qualche preoccupazione per le spese a volte consistenti. Lo scopriamo anche in alcuni tratti di padre e marito pronto ad aprire la sua casa ai nuovi amici. Braudel seppe intrecciare con Prato e i pratesi un positivo legame probabilmente favorito dal fatto che, negli anni delle sue frequentazioni, la città stava vivendo ancora un adeguato fermento economico e una inusitata effervescenza culturale.
Insomma una avventura intensa quella che unì Fernand Braudel all’Istituto Datini e a Prato, uno scambio quasi alla pari che si allentò, senza interrompersi, quando, nel 1984, Braudel divenne Accademico di Francia e, per l’incompatibilità delle cariche, fu costretto a lasciare la presidenza dell’Istituto. Mentre entrava a far parte del ristretto novero degli “immortali”, l’Istituto Datini lo accolse nel suo Comitato d’Onore.
Si potrebbe discutere su quanto si sia protratto il condizionamento braudeliano sulla compagine scientifica dell’Istituto e dunque sui suoi indirizzi storiografici, ma questa è un’altra storia che oltrepassa, per il momento, i limiti della nostra analisi.

Angela Orlandi

Dipartimento di Scienze per l’Economia e l’Impresa

Università degli Studi di Firenze

 

Firenze, 21 aprile, A.D. 2016

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