La polemica tra Melis e Sapori
print this pageNella lettera del 18 novembre del 1967 Melis spiegò a Braudel le ragioni della sua controversia con Armando Sapori; in quella missiva lo storico fiorentino ne mostrava le ragioni. Contrasti che avevano radici lontane, essendosi manifestati apertamente già nel 1955 in occasione della grande mostra dedicata all’Archivio Datini che fu inaugurata da Luigi Einaudi e Giovanni Gronchi, rispettivamente Presidente della Repubblica in carica ed eletto.
Non ci soffermeremo sulla disputa storiografica sottostante che fa riferimento alla crisi dell’economia fiorentina e della Penisola italiana della seconda metà del Trecento e alle diverse interpretazioni della figura del mercante medievale. Accenniamo invece a ragioni meno nobili del dibattito scientifico che investivano sostanzialmente il controllo della documentazione datiniana e delle relative ricerche. Tale fu la rabbia dello storico e archivista senese che egli tentò di far chiudere l’esposizione denunciando il suo curatore al Ministero dell’Interno per aver rovinato un documento. Il Ministro fu costretto a inviare un ispettore il quale dichiarò che i materiali archivistici non erano sciupati ma valorizzati! Dopo undici anni, la polemica aveva ripreso corpo perché Sapori, nel Terzo volume dei suoi Studi di Storia Economica, aveva elogiato il medaglione di Iris Origo dedicato al Datini; un elogio che si contrapponeva alle forti critiche del Melis che ne dimostrava errori e incongruenze.
Ciò ancora non bastava, lamentava il Melis, perché lo storico senese aveva ritirato fuori il volumetto diffamatorio di Fiorelli. Nei comportamenti di Sapori si aggiungeva l’irritazione per la costituzione del Centro Datini, operazione da lui tentata senza successo. Preoccupato che tutto ciò potesse nuocere alla istituzione pratese, Melis tornò a lamentarsene con Tenenti il quale in una missiva del 16 giugno del 1968 gli rispose rassicurandolo del fatto che si sarebbe evitato «in ogni modo che qualcuno, foss’anche Sapori, possa nuocere al centro di Prato» (Tenenti a Melis, 16.6.1968).
Dopo poco più di un mese ribadì il suo sostegno assieme a quello del suo Maestro, ma anche di Ugo Tucci e Romani, esortando l’amico Federigo a superare la sua irritazione: «Sta certo, in ogni modo, che né Braudel né io abbiamo, in fondo, mai avuto alcuna esitazione e l’appoggio che cerchiamo di darti senza restrizione ne è la prova. Anche tu, a mio parere, puoi ormai passar oltre e non attardarti su tali miserie, per darti tutto, come fai, alle cose più degne» (Tenenti a Melis, 24.7.1968).