Un problema antico, sempre attuale: il finanziamento dell’Istituto
print this page«Scusi se parlo con lei di queste cose così … terrestri» scrisse Melis in una accorata lettera indirizzata a Braudel. In quella missiva sfogava la sua amarezza per le grandi difficoltà che incontrava nel reperire i finanziamenti necessari al funzionamento dell’istituzione pratese (Melis a Braudel, 1.4.1971). Cose terrestri, certamente, ma ineludibilmente indispensabili. La disponibilità di dotazioni economiche costituì sin dall’inizio un grave problema. L’inaugurazione e l’organizzazione della I Settimana avevano assorbito risorse finanziarie significative. I rimborsi ai relatori e agli ospiti nazionali e internazionali necessari per lanciare il Centro, probabilmente avevano provocato qualche malumore anche al Presidente Magistrali. Melis giustificò quelle uscite in una lettera del 2 maggio 1969 nella quale, tra l’altro, raccontò di aver incontrato il professor Antonelli direttore di «Spoleto», il quale lo aveva rassicurato sul fatto che i costi iniziali più elevati si sarebbero ridotti negli anni successivi (Melis a Magistrali, 2.5.1969).
Ma non c’erano solo le spese di rappresentanza, l’Istituto per funzionare aveva bisogno di personale, di fondi per l’ordinaria amministrazione a cui si aggiunsero ben presto le uscite per la pubblicazione degli Atti delle Settimane. Sembra quasi impossibile, ma senza la posta elettronica, lo storico fiorentino doveva tenere i contatti con i colleghi attraverso espressi o telefonando, operazioni che avevano un costo elevato. Nella missiva dell’11 dicembre 1969 Melis sottopose al Consiglio Direttivo l’elenco delle spese postali sostenute per l’organizzazione della II Settimana. La rendicontazione è estremamente puntuale, furono distinti i costi per le telefonate e per le affrancature queste ultime imputate a ogni destinatario; tra telefonate a cartellino e in teleselezione furono spese 114.660 lire. La cifra era oggettivamente elevata, tanto per avere un’idea, all’epoca un impiegato dell’Ufficio postale riceveva uno stipendio mensile di 103.000 lire. Così il Vicepresidente per cercare di ridurre questo tipo di uscite si dichiarò disponibile a «fare tutte le telefonate a cartellino, comprese quelle con Prato» anche se ciò comportava una grandissima perdita di tempo (Melis a Magistrali, 11.12.1969).
Nel giugno del 1970 giunse la notizia che l’Unione Industriali di Prato dalla quale ci si aspettava un buon contributo, dopo il congresso dedicato alla lana, si era ritirata dicendo che «il nostro Istituto cammina bene» (Melis a Tenenti, 24.6.1970).
Melis era instancabile: «In questo periodo ho scritto varie lettere per cercare di avere aiuti per il nostro Istituto. Anche al Ministero degli Esteri, per avere delle borse per i corsi di specializzazione. Forse solleciterò allo stesso Fanfani un intervento presso il Ministero degli Esteri» scriveva a Parigi nel luglio del 1970 (Melis a Braudel, 27.7.1970).
I mesi passavano, ma le cose non miglioravano quanto sperato. Nell’aprile del 1971 raccontava a Braudel: «La situazione finanziaria è sempre grave ma in questi ultimi due giorni sono riuscito ad ottenere un contributo certo ed uno quasi sicuro. Il primo lo dobbiamo a Franco Borlandi e ci è venuto dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, nella misura di L. 5.000.000; il secondo verrà dalla Direzione Generale delle Accademie e Biblioteche del Ministero della Pubblica Istruzione ed è un frutto della Giunta centrale per gli Studi Storici (il Comitato nazionale di Scienze storiche), del quale faccio parte ed il cui presidente, Aldo Ferrabino, mi stima e già da parecchio tempo si era adoperato in tal senso.
Le dico la verità, caro Professore, che passo le giornate andando in giro di qua e di là a scrivere lettere e fare relazioni, per trovare aiuti finanziari, perché a Prato non si ha più nessun’altra fonte alla quale attingere, dopo che il Consiglio Direttivo dell’Azienda di turismo ha ridotto il suo contributo.
Ma speriamo che con questo apporto di L. 8.000.000 a Prato si decidano a darmi un autentico aiuto. Hanno assunto una impiegata per mezza giornata, ma non fa quasi niente per noi ed io non posso proprio più andare avanti in questo modo» (Melis a Braudel, 1.4.1971).
Insomma il Vicepresidente si dipingeva come un questuante alla ricerca continua di finanziamenti. In questa sua azione cercò sostegno in Magistrali quando gli confidò le sue intenzioni: «Io penso che sia il caso di intraprendere una cospicua azione sul Comune, che non può fermarsi ad uno stanziamento di 4 milioni quindi sulla Provincia e sulla Regione. Vi è poi da fare l’incontro nell’ambito delle Camere C.I.A.A. e infine una visita all’Unione industriali» (Melis a Magistrali, 3.4.1971).
Erano passati pochi mesi da quella lettera e di nuovo comunicava a Parigi: «Domani andrò a Roma per questioni varie compreso il finanziamento».
Alla fine dell’anno si riunì il Consiglio Direttivo assieme all’intera Assemblea dei soci dell’Istituto. Furono esaminati vari problemi fra i quali «quello del finanziamento, giacché quest’anno bisogna ricominciare tutto da capo: i fondi del Ministero e quelli del C.N.R, infatti, sono di portata annuale. Mi sono già messo in moto presso Borlandi e l’amico Vitucci, con tutta la Giunta Centrale, per il Ministero e per la Giunta stessa» (Melis a Tenenti, 15.12.1971).
Vi era poi il gravissimo pensiero dei fondi per le pubblicazioni. Olschki, l’editore prescelto, non faceva sconti e più di una volta Melis vi si scontrò.
Nel 1972, sembrò aprirsi uno spiraglio di luce. Franco Borlandi doveva lasciare il Comitato delle Scienze Economiche, Sociologiche e Statistiche del C.N.R. Era una occasione unica. Melis cominciò una «sua campagna elettorale» che non bisognava assolutamente perdere (Melis a Tenenti, 27.2.1972). L’azione fu capillare: si mosse da Venezia a Palermo e chiese aiuto a Tenenti perché intervenisse sui geografi economici (Melis a Tenenti, 13.3.1972). Egli sperava che la sua elezione potesse liberare l’Istituto dai problemi economici senza più «approfittare delle Istituzioni pratesi (a parte il Comune, che, invece, dovrebbe incrementare il suo contributo» come ebbe a dire a Ottone Magistrali (Melis a Magistrali, 7.6.1972). Fu una lotta all’ultimo voto perché Demarco, suo acerrimo nemico che sosteneva Romani, da Napoli stava invadendo l’Italia «di telefonate e lettere per il CNR» (Melis a Tenenti, 4.3.1972).
Le telefonate e le lettere del collega napoletano servirono a poco perché Melis ebbe la meglio. Naturalmente ne dette immediata comunicazione a Parigi. A Tenenti scrisse: «Volevo darti la notizia del superamento della prova del CNR: sono riuscito con voti 166, a lato di 101 voti riportati dal secondo. Negli ultimi giorni, anche per il II stadio delle votazioni (come aveva fatto per il I stadio) il solito Demarco ha cercato di intorpidire le acque; ma come vedi ha avuto una batosta, egualmente grave come nell’occasione del I stadio di votazioni (quando ha fatto fare al povero Romani la pessima figura di raccogliere solo 5 voti, non avendo neppure quelli dei «cattolici» Fanfani, Barbieri e Tagliaferri)». Naturalmente Tenenti si congratulò con una intensa lettera (Tenenti a Melis, 12.7.1972). Nella missiva indirizzata a Braudel, dopo avere ripetuto l’esito della votazione, Melis aggiunse: «così il nostro Istituto potrà avere quegli aiuti che altre persone non gli hanno voluto dare; tanto più che ho appreso che tale Consiglio eroga annualmente oltre 20 milioni per un Seminario di demografia storica, che non fa semplicemente nulla!» (Melis a Braudel, 12.8.1972).
Probabilmente la presenza di Melis al C.N.R. avrebbe potuto risolvere molti dei problemi economici del Datini; lo storico fiorentino aveva indubbie capacità di convincimento. Purtroppo morì troppo presto: era passato poco più di un anno da quella straordinaria elezione. Fu sostituito prima da Mario Romani e poi da Domenico Demarco. Braudel, preoccupato di mantenere all’Istituto i finanziamenti elargiti dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, li chiamò a far parte del Comitato Scientifico dell’Istituto.